Christian Bach ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di soluzioni per la riduzione delle sostanze inquinanti e delle emissioni di CO2 dei veicoli. Il responsabile del reparto sistemi di propulsione dei veicoli dell’Empa (Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca) di Dübendorf ZH ritiene che l’uso delle energie rinnovabili rappresenti l’approccio più efficace per il raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dal Consiglio federale.
In un'intervista, Christian Bach dell'Empa spiega in modo vivido e perspicace perché l'energia rinnovabile è così cruciale per il cambiamento climatico. Fonte: CNG-Mobility.ch
Signor Bach, lei è ricercatore nel campo delle tecnologie di propulsione presso l’Empa. Quanto può aumentare ancora l’efficienza dei combustibili convenzionali, come benzina, diesel e CNG?
Christian Bach, responsabile del reparto sistemi di propulsione dei veicoli dell’Empa: Per quanto riguarda i sistemi convenzionali per gli autocarri, tra pochi anni si raggiungerà un’efficienza del 50% nei prodotti di serie. Invece, per i motori delle autovetture, questo valore verrà raggiunto qualche anno più tardi, verso il 2030. Tecnicamente questo è ciò che sarà economicamente fattibile.
Cosa significa un’efficienza del 50% in termini di consumi effettivi?
Nel caso di un’auto di medie dimensioni, parliamo di consumi che vanno dai tre ai quattro litri di benzina o diesel ogni 100 chilometri.
È certamente un ottimo risultato, tuttavia non basta per raggiungere un saldo netto di emissioni pari a zero, ossia l’obiettivo fissato dal Consiglio federale. Attualmente, nel traffico stradale della Svizzera, vengono bruciati sei miliardi di litri di combustibili fossili ogni anno.
Questo è vero. Il problema del CO
2 può essere risolto soltanto con le energie rinnovabili. Oggi ci troviamo di fronte all’enorme sfida di ridurre innanzitutto questi sei miliardi di litri di benzina e diesel attraverso una maggiore efficienza e, successivamente, di sostituirli con energie rinnovabili. Il problema va affrontato ora, perché altrimenti la conversione entro il 2050 sarà sempre più cara. Se continuiamo ad aspettare senza fare nulla, un giorno ci troveremo costretti a rispettare misure coercitive imposte dalla politica. Ma non è certo questo il nostro obiettivo.
Christian Bach, capo del dipartimento dei sistemi di propulsione dei veicoli dell'Empa, spiega dove vede ancora un potenziale di risparmio, utilizzando un motore a gas sul banco di prova. Fonte: CNG-Mobility.ch
Come possiamo risparmiare sei miliardi di litri di combustibili fossili entro 30 anni?
Confrontiamo la situazione odierna con quella di un secolo fa. Quando vennero prodotte le prime automobili, le compagnie petrolifere svilupparono molto rapidamente un sistema di fornitura delle energie fossili. Questo fu possibile perché c’era mercato. Uno simile scenario potrebbe ripetersi anche per le energie rinnovabili. Ovviamente, il motore trainante di allora, cioè la realizzazione di cose fino a quel momento impossibili grazie all’uso delle energie fossili, era completamente diverso e contribuì a creare un mercato. Oggi la situazione è diversa. Le auto alimentate con energie rinnovabili sono tendenzialmente meno potenti, ma tutelano il clima: il nuovo mercato è proprio questo.
Quindi, secondo lei, potremmo risparmiare quei famosi sei miliardi di litri di combustibili fossili?
Sì, anzi, dobbiamo! In che modo? Da un lato riducendo le esigenze di mobilità - e qui le parole chiave sono «digitalizzazione» e «ecosufficienza» - e dall’altro elettrificando le propulsioni. Anche l’uso dell’idrogeno e di combustibili sintetici, gassosi e liquidi potrebbe contribuire al raggiungimento di quest’obiettivo. Tuttavia, anche dopo il passaggio definitivo alle energie rinnovabili, resteranno ancora diversi milioni di tonnellate di CO
2, che dovremo eliminare attraverso le tecnologie a emissioni negative.
Perché questo?
Perché ci sono le cosiddette emissioni di CO
2 inevitabili, ad esempio negli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, nell’agricoltura o nella produzione del cemento. Il raggiungimento dell’obiettivo saldo netto delle emissioni pari a zero comporta due fasi dal punto di vista tecnico: la prima è il passaggio alle energie rinnovabili, che può ridurre le emissioni di CO
2 di due terzi o anche tre quarti, mentre la seconda è l’uso delle tecnologie a emissioni negative.
Christian Bach è pronto a rispondere alle domande. Fonte: CNG-Mobility.ch
Si tratta di dispositivi in grado di rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera, giusto?
Esatto, ma questi risolvono la parte più semplice del problema. Infatti, la domanda è: cosa si può fare con il CO
2 raccolto? Alcune ipotesi sono già in fase di studio. Due di queste si basano sul deposito di CO
2 nel suolo, in forma gassosa o per pietrificazione. Una terza soluzione, che noi dell’Empa stiamo esaminando più nel dettaglio, prevede la produzione di metano sintetico attraverso la rimozione del CO
2 dall’atmosfera, la conversione di questo metano in idrogeno e la contemporanea separazione del carbonio. Il grande vantaggio di questo processo è che il carbonio non verrebbe prodotto come CO
2 gassoso bensì come solido, cioè sotto forma di polvere di carbonio, che, ad esempio, potrebbe essere usata come additivo per l’asfalto o il calcestruzzo senza impattare sul clima.
Dove verrebbe prodotto questo metano sintetico?
Ad esempio, nella cintura del sole terrestre o nei parchi eolici off-shore. Facciamo questo ragionamento: mentre nei mesi estivi la svolta energetica è relativamente semplice perché il potenziale derivante dal fotovoltaico è molto elevato, in inverno è molto più difficile, poiché anche gli impianti fotovoltaici dei nostri Paesi vicini producono meno elettricità. Tuttavia, quando in Svizzera le temperature sono ancora rigide, altre regioni del mondo possono ancora contare su un potenziale inutilizzato per la produzione di energia solare. Pensiamo ad esempio al Sahara, perfetto per la costruzione di grandi impianti fotovoltaici e la produzione di metano sintetico, facile da trasportare e da convertire in idrogeno attraverso il processo di pirolisi precedentemente descritto. Ciò che resterebbe è il carbonio in forma solida, che potrebbe essere riutilizzato o semplicemente deposto. Naturalmente tutto ciò è più facile a dirsi che a farsi, ma l’idea sarebbe questa.
«Le fonti di energia sintetica sono indispensabili.»
Passiamo al tema del power-to-gas. Nelle ultime settimane, nelle città svizzere di Dietikon e Sion, è iniziata la costruzione di due impianti dedicati a questa tecnologia. Il power-to-gas ha ancora qualche possibilità in Svizzera o siamo già in ritardo?
Tutte le possibilità sono ancora aperte. Per questa tecnologia si stanno facendo grandi progetti in tutto il mondo. In Svizzera sono ipotizzabili impianti più piccoli, come ad esempio negli impianti di trattamento delle acque reflue e negli inceneritori di rifiuti. Qui il biogas e il metano sintetico hanno ciascuno un potenziale di cinque terawattora da poter integrare. Se venisse sfruttato anche solo la metà di questo potenziale, diverse centinaia di migliaia di veicoli potrebbero essere alimentate con fonti energetiche locali a basse emissioni di CO
2. Purtroppo mancano ancora sia gli incentivi che le idee a questo riguardo. Anche i carburanti sintetici sarebbero fondamentali per ridurre le emissioni di CO
2 nel traffico aereo. Un altro campo di applicazione potrebbe essere la copertura del deficit di energia in inverno. A quanto pare, le fonti energetiche sintetiche sono davvero indispensabili.
(sco, 3 novembre 2020)
Leggi anche la seconda parte dell’intervista a Christian Bach:
«La sfida è ridurre realmente il CO2»