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Per questo il legislatore ha rilasciato un «certificato di buona condotta» in forma di etichetta energetica. Nel nostro esempio, si tratta di una «C» riportata in un verde non troppo acceso. Peccato però che appena la batteria si scarica, la pesante americana con i suoi ben 450 CV, non beve più 3,2 litri di benzina, ma oltre 11 litri per 100 chilometri. Almeno questo è quello che hanno rilevato gli addetti ai test di «Blick». Gli ibridi plug-in hanno senso fino a un certo punto, ad esempio, se il proprietario non esce molto in auto, lavora a una distanza di max 40 km o meglio ancora lavora da casa. Ma, perché mai una persona del genere dovrebbe volere una 7 posti da 2,5 tonnellate? L’esempio dimostra chiaramente la distorsione accettata dal legislatore. La Confederazione punta solo sulla carta dell’«elettricità». E questo è evidente se si confronta il SUV ibrido plug-in con un veicolo a CNG: mentre l’americana da 2,5 tonnellate con i suoi 450 CV genera 72 grammi di emissioni di CO2 per chilometro, la Seat Leon a CNG, che pesa solo 1,3 tonnellate, emette 100 g/km di emissioni rilevanti per il clima, con un consumo di 4,6 kg di CNG per 100 km. Questi 100 grammi rimangono 100 grammi sulla carta, anche se la Seat è alimentata al 100% con biogas e l’anidride carbonica che emette è stata precedentemente prelevata dall’atmosfera con la crescita delle materie prime. A chi questa ora sembra un’assurdità sponsorizzata dallo Stato, non mi resta che dire: è una sciocchezza sponsorizzata dall’alto, a scapito della mobilità ecologica e rispettosa del clima con risorse rinnovabili. (sco, 25 settembre 2020)«Peccato però che appena la batteria si scarica, la pesante americana non beve più 3,2 litri di benzina, ma oltre 11 litri per 100 chilometri.»